4 domenica di quaresima

egli disse: «Credo, Signore!»

Sono tante le occasioni in cui possiamo pensare che la vita sia ingiusta.  Lo avranno pensato anche i genitori del cieco nato quando si sono accorti che il proprio figlio aveva davanti un duro destino da cieco. Lo avrà pensato il cieco stesso, quando ha cominciato a comprendere che a lui non era stato concesso il dono della vista, come quasi a tutti.
Qualcuno a volte tenta di giustificare questo tipo di situazioni immaginando che da qualche parte si nasconda un colpevole, che le cose non accadano così a caso: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?».
Non sappiamo quanti anni avesse quest’uomo, possiamo però immaginare che, in qualche modo, preso consapevolezza della sua situazione, se anche non se ne era fatta una ragione, almeno si era fatto una vita: anche solo da mendicante – «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?» ci chiede la gente – ma pur sempre la sua vita.
Siamo capaci di abituarci a tutto, a volte perfino a rassegnarci. Il rischio è quello poi di non saper cogliere la possibilità di riscattare un destino diverso, per cogliere un’occasione non cercata, un’opportunità non prevista e neppure prevedibile. Sogni quelle possibilità, le immagini, ma poi arrivano e non sei davvero pronto.
Perché ogni occasione comporta una scelta, un lasciare qualcosa che magari non è il meglio, ma è il certo, è la sicurezza, è l’abitudine. Perché non è sempre facile e scontato riconoscerle. Un proverbio popolare così mette in guardia e scoraggia da eccessivi entusiasmi: chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia e non sa quel che trova.
Questo rischio lo evita direi abilmente il cieco nato.
L’occasione arriva, non è prevista, non è cercata. È suo malgrado coinvolto in una discussione.Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio.L’occasione non è neppure elegante: sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco. Difficile capire che è un’occasione e non l’ennesima umiliazione. Non è neppure immediata e a buon mercato: adesso «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe».
Ma non tutti ci stanno. Ora il difficile è convincere tutti che qualcosa è accaduto, che il miracolo è arrivato, che la sorte è cambiata; che la vita non ha solo sberle da dare, ma qualche volta ha in serbo anche carezze; che anche se un altro proverbio scoraggia dal fidarsi – fidarsi è bene, non fidarsi è meglio – ci sono momenti in cui fidarsi non una possibilità, ma l’unica possibilità: ragionevole e sensata.
Fanno resistenza tutti quelli lo conoscevano – i vicini e quelli che lo avevano visto prima.Fa amaramente sorridere la loro testardaggine, il loro non voler cedere perfino all’evidenza, l’incapacità a credere a quello che vedono, loro che non sono ciechi.Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Pare perfino inutile il suo gridare: «Sono io!».
Fanno resistenza i farisei: Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia.Ammettere di aver sbagliato a volte è difficile perché fa crollare un castello intero e non solo qualche mattone. E occorre poi ricostruire con umiltà e fatica.
Fanno resistenza anche i genitori: capiscono che in gioco c’è anche la loro vita, le loro abitudini: “Chiedetelo a lui”. Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei.
A volte la risposta che diamo alla durezza della vita è il cinismo: diventiamo insensibili, mettiamo in conto la facile disponibilità a farci complici silenziosi di qualsiasi cosa a qualunque prezzo.  Tu non disturbare me, che io non disturbo te. Riconosciamo che ogni cosa ha un prezzo, ma non si dà più valore a nulla. Vi è questa resistenza alla fede che a volte si annida anche in noi. Siamo fatti per la gioia, tuttavia la tentazione è spesso quella di chiuderci, di sopportare anche la tristezza pur di non rischiare, travolti dal “qui e ora” delle preoccupazioni del momento. Possibile che a nessuno venga in mente di fare una festa e di gioire per la vista ritrovata di quell’uomo? Anche questo costa così tanta fatica?
Abbiamo questa resistenza a credere e fatichiamo a capire che la fede è resistenza!
È la capacità di attendere anche quando sembra che nulla cambi, che i giorni passino senza una svolta, senza una sorpresa, senza una gioia.
La fede non è sapere tutte le risposte, piuttosto è il modo di rimanere davanti alle domande che non hanno ancora risposta e non sentirsi persi.
Fede è la capacità del cieco nato di fare una sola domanda e di fidarsi della prima risposta: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!».

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