3 domenica di quaresima

lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre

— C’era una volta…. — Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori. 
— No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Non so quanti di voi hanno letto dall’inizio alla fine il libro Pinocchio o almeno hanno visto il film. Spero che tutti conosciate almeno per sommi capi la favola di questo burattino e dei suoi compagni di avventura: Geppetto, il grillo parlante, Mangiafuoco, il gatto e la volpe, la fatina, Lucignolo, il pescecane…
La favola di un burattino che ama e insegue la sua libertà e nel cercarla rischia di perdere più volte perfino la vita. Una storia di libertà e di bugie; una storia di buoni propositi e illusioni; di promesse e di delusioni; di progetti e di inganni; di buone intenzioni e di pessimi risultati. Il paese dei balocchi, il campo dei miracoli, il teatro dei burattini… dietro ogni angolo c’è l’occasione – che Pinocchio regolarmente coglie – di fare la cosa sbagliata con una leggerezza che diventa irritante che, capitolo dopo capitolo, accresce l’antipatia verso questo burattino presuntuoso sempre pronto a scaricare su altri la responsabilità di quanto gli accade. Basta sempre un niente per distoglierlo dai suoi buoni propositi: un incontro, una musica, un invito, una distrazione…
C’era una volta un pezzo di legno che oggi mi pare possa aiutarci a comprendere questo vangelo così complicato.
Come non ritrovare infatti una profonda sintonia tra le parole di Gesù e questa favola di Collodi. Nei panni di Pinocchio, possiamo certo ben immaginare questi Giudei che discutono con Gesù, così gelosi della loro libertà, così sicuri della loro verità, così offesi e innervositi dalla parola di Gesù che la memoria torna al capitolo IV e al martello che Pinocchio scaglia contro il Grillo parlante che lo aveva messo in guardia: “Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna. Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.
«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?».Voi cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. I richiami sono molti.
La storia di Pinocchio, come questo racconto evangelico, mette a nudo le nostre debolezze, le nostre finzioni, le nostre piccole e grandi bugie con cui cerchiamo di ritagliarci e aggiustarci scelte e regole su misura non del bene, ma del comodo. 
Ci mettono di fronte alle severe parole di Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 
Ci mettono di fronte alla facile tentazione delle delega, del credere alla promessa facile, dell’illusione che qualcuno ci tirerà fuori dai guai e nel frattempo noi proveremo ad arrangiarci in qualche maniera, meglio ancora se furba e scaltra, in attesa di quel qualcuno. La tentazione di un salvatore che allontani ogni pericolo e ogni nemico, che ci esenti da ogni fatica e da ogni impegno, da ogni sacrificio e da ogni responsabilità, che decida per noi in modo da poter poi avere qualcuno da incolpare se le cose vanno male… Che ci permetta di fare la parte della vittima e di trovare sempre un nemico con cui prendercela…
Uno dei primi guai che Pinocchio combina è di vendere l’abbecedario, il libro delle parole.
Non potete dare ascolto alla mia parola. Voi non ascoltate.
Per due volte i Giudei vengono ripresi con queste parole.
Pinocchio è uno che non ascolta. E quando ascolta, poi fa quello che vuole. Oppure peggio, ascolta e si fida delle persone sbagliate. Regole, paletti, limiti e confini non gli vanno a genio. Regolarmente anche se inconsapevolmente li abbatte, cacciandosi continuamente nei guai e creando danni. Il suo pentimento dura sempre troppo poco.
L’uomo, noi, corriamo questo stesso rischio da cui Gesù mette in guardia: Se uno osserva la mia parola… Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».
Pinocchio è una fiaba, scritta forse anche un po’ di malavoglia da Carlo Lorenzini, che preferisce però rimanere nell’ombra e firmarsi “Collodi”; scritta per un giornale di bambini, a puntate irregolari e interrotto due volte, ma è la nostra storia; è la storia dell’avventura di diventare e rimanere uomini. Travestita da fiaba c’è quel segreto tanto difficile da digerire per i giudei di allora come ci dice il Vangelo e per tutti i bambini del mondo e per il bambino che rimane in noi: la libertà è impegnativa e ha bisogno ogni volta di essere guidata.
«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi».Nella storia di Pinocchio c’è sempre una voce che in ogni guaio lo guida, quando si decide ad ascoltarla diventa un bambino in carne e ossa.  C’è sempre anche nella nostra storia una Parola del Signore che ci guida e rischiara il cammino. Occorre ascoltarla e rimanere in quella Parola. Bellissimo questo rimanere. Il Signore sa che non sempre ci viene facile metterla in pratica, come non è stata facile per Pinocchio. Ci dice rimanete voi nella Parola. È qualcosa di diverso dal tienila dentro: dentro ci sono tante altre voci che ci confondono. Stai tu nella Parola, stacci dentro e imparerai la verità e conoscerai la libertà.

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