Santa Famiglia

senza che i genitori se ne accorgessero

Nella vita si impara dalle vittorie, ma si impara molto anche dalle sconfitte. Si impara dai successi, ma anche dagli errori. È indubbio che in quel viaggio di ritorno di Maria e Giuseppe da Gerusalemme verso caso, qualcosa sia andato storto. Ci viene ricordato, da questo episodio per certi versi imbarazzante della vita di questi due famosi e ammirati genitori, che nella vita capita di perdere e di perdersi.
Capita di perdere la strada e di perdere cose più o meno importanti e di valore.
Capita di perdere tempo e di perdere occasioni. 
Capita di perdere la memoria e capita di perdere la faccia.
Capita di perdere una partita e anche il campionato.
Capita di perdere la testa e capita di perdere peso.
Capita di perdere un amico e capita di perdere l’amore.
Si può perdere di tutto: anche la fede, la speranza, la fiducia.
Capita, ci dice il Vangelo, anche di perdere un figlio.
Capita nella vita di perdere qualcosa o qualcuno. Quando te ne accorgi, è tardi.  Puoi solo metterti a cercare. Normalmente, se ci avessi fatto attenzione prima, non avresti perso quel qualcosa o quel qualcuno. Perché solitamente le cose le perdi senza accorgertene, altrimenti si usa un altro verbo. Te ne privi, te ne liberi e te ne sbarazzi, decidi di buttarle, le regali.
È vero che il verbo perdere può avere a che fare con la casualità, la sfortuna, l’inesperienza, ovvero tutte cose per cui è difficile poi trovare responsabilità. Ma è anche vero che non di rado, il perdere ha a che fare con la negligenza e la trascuratezza, a volte con la distrazione e la noncuranza, con l’incuria e la superficialità.
Non ci è dato di sapere come e perché Maria e Giuseppe abbiano perso di vista Gesù, ma il vangelo ci dice che è capitato. È capitato anche a loro. Escluderei la sfortuna o il caso. A volte basta dare per scontate le cose. Avranno pensato, ma senza chiederselo per avere conferma: sarà con Giuseppe, sarà con Maria, sarà coi i vicini di casa o con i parenti. Pensare senza dirselo: è così che si dà per scontato.
Credo sia questo uno dei motivi più frequenti per cui a volte perdiamo le cose e soprattutto le persone. Accade quando cominci a dare per scontate le cose, quando cominci a risparmiare sulle parole; cominci non tanto ad abbassare la guardia, ma lo sguardo che prima era rivolto all’altro, poi comincia a rivolgersi altrove. Accade quando cominci a pensare che le cose ti siano dovute, che è scontato che l’altro ci sia quando tu hai bisogno, quando ci sei tu.
Eppure nel tempo iniziale di ogni relazione gli sguardi sono sempre molto intensi e vigili. Accade così con un nuovo amico. Accade così con la persona di cui ti innamori: hai occhi solo per lei; certo non è quello il tempo in cui la perdi di vista e il tempo in cui non ti fai vedere. Accade così anche con un figlio quando viene al mondo: tutti hanno occhi solo per lui anche perché lui sa bene come attirare l’attenzione quando ha qualche bisogno.
È perfino esagerato quello che accade all’inizio, ma la vita non è fatta solo di inizi.
La vita non ha il suo segreto solo nel cercare e trovare qualcosa o qualcuno di prezioso.
Il suo segreto è nel saper custodire proprio per non perdere.
Un bambino muore se nessuno se ne prende cura e non lo accudisce. La stessa cosa è per un’amicizia o per un amore; per la fede o per la fiducia; per la memoria o per la testa. Accade così anche con una semplice piantina di fiori.
È nel saper rinnovare una cura, uno sguardo, nel saper tenere viva l’attenzione non su di sé, ma sulle persone a cui vogliamo bene. A volte ancora perdiamo perché ci siamo dimenticati il valore delle cose e delle persone e cominciamo a dare meno: meno impegno, meno tempo, meno fatica, meno attenzione, meno dedizione, meno tenerezza, meno rinunce, meno presenza. Meno.
Abbiamo dimenticato che meritano il nostro tempo, le nostre attenzioni, le nostre premure e il nostro amore. Abbiamo dimenticato che ciò che conta non puoi mai essere scontato; che ciò che conta va tenuto da conto. 
Ci sono momenti in cui è importante accorgersi di aver perso di vista o anche solo prendere atto di una distanza: è quello il momento di tornare a cercarsi, tornando sui proprio passi con umiltà e tenacia, senza paure, senza smarrimenti.  
Il romanzo La vita fino a te di Matteo Bussola inizia così: Pare che i nostri occhi mantengano sempre la stessa grandezza, dalla nascita fino alla morte. S’ingrossa il cuore, i capelli crescono, i muscoli si gonfiano, le gambe si allungano. Gli occhi invece no. Quel che si modifica, nel corso della vita, è il nostro sguardo. Cresce con ciò che scegliamo di metterci dentro, si allarga quando prestiamo attenzione, si restringe con l’indifferenza. La pupilla, per esempio, si dilata del cinquanta per cento di fronte a chi amiamo, come per far passare piú luce. Si riduce quando siamo spaventati, o proviamo disgusto. Uno sguardo può contenere, escludere, accogliere, respingere. Proprio come un paio di mani, la vignetta di un fumetto, l’inquadratura di una foto. Per questo è importante verso cosa lo punti, il fuoco che scegli, l’attimo decisivo che illumina la vita e la trasforma in racconto.
Quello che mettiamo negli occhi e quello che custodiamo dentro il nostro sguardo: per non perdere e per non perdersi.

Questa voce è stata pubblicata in Riflessioni, Vangelo della domenica. Contrassegna il permalink.