Ultima dopo l’Epifania

Sbocciano i fiori sbocciano E danno tutto quel che hanno in libertà. Donano non si interessano di ricompense e tutto quello che verrà;

Sbocciano i fiori sbocciano E danno tutto quel che hanno in libertà.
Donano non si interessano di ricompense e tutto quello che verrà;

Ultima dopo l’Epifania. Dopo la clemenza, il perdono. Non semplicemente l’atteggiamento di bontà del cuore, ma il cuore in azione che trasforma il sentimento in azione: perdona! Oggi le letture ci parlano con insistenza di questo verbo: perdonare. Soggetto e quindi protagonista di questa azione è innanzitutto Dio. È così indaffarato in questa azione da diventare quasi il suo nome: il misericordioso. Il Signore è paziente verso di loro ed effonde su di loro la sua misericordia. La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente. Così ci ricorda il libro del Siracide. Le parole del salmo non sono molto diverse. Grande è la misericordia del Signore. Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Per farci immaginare quanto sia grande questa misericordia ancora ci viene di guardare in cielo e poi all’orizzonte: Perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente. Quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Per farci comprendere quanto sia efficace e potente, il Vangelo ci chiede di seguire Gesù fin dentro la casa di Zaccheo. Dopo Levi, un altro pubblicano, anzi il capo dei pubblicani e ricco! Chissà se era venuto a sapere delle dimissioni del suo collega Levi, avvenuta in modo improvviso e strano, a seguito di un semplice: seguimi! Non erano della stessa città, ma certe notizie volano. Nel caso, chissà cosa avrà pensato.   Forse quello che pensiamo noi di chiunque lascia un buon posto fisso di lavoro per cambiare vita. Un misto di perplessità e di curiosità. Forse anche un pizzico di invidia, ma quasi sicuramente una dose più grande di scetticismo e disapprovazione: non si fa così! chissà cosa gli sarà passato per la testa! Vedrai che si pentirà di questa scelta! Sta di fatto che Zaccheo, saputo che il Signore Gesù stava per arrivare a Gerico, la sua città, si era incuriosito. “Cercava di vedere chi era” ci dice Luca. Non sapremo mai cosa volesse vedere. Che faccia aveva? Sperava di ascoltarlo o anche di scambiarci due parole? Come spesso capitava, aveva qualche domanda da fare? Non lo sappiamo, ma sappiamo che, coperto dalla folla, per via della sua piccola statura, corre avanti e sale su un albero, ma è da questo momento in avanti che accade l’imprevedibile. Il Signore misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore entra in azione e prende la parola.  Come aveva già fatto con Levi, l’invito è deciso: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Addirittura, lo chiama per nome, perché la misericordia comincia sempre da un nome, mai da un soprannome. Zaccheo. Non il peccatore, come dirà la folla; non il pubblicano, come tutti lo conoscevano. Non chiamiamo per nome chi ci ha fatto del male, neppure a volte chi ci sta semplicemente antipatico. Gesù lo fa: Zaccheo. Mi sono tornate in mente le parole di Primo Levi in “Se questo è un uomo”: “Ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.” Pensate anche solo a quanta cura e quanto tempo ci mettono due genitori nella scelta di quel nome che poi la vita a volte strapazza e deforma o trascura. Quel nome sentito pronunciare, quel riconoscimento che spesso significa anche rispetto che Gesù gli riconosce e concede, e infine quell’invito arrivano diritti al cuore di Zaccheo. Sono, come già dicevamo domenica scorsa, ciò di cui tutti abbiamo bisogno quando la voglia di cambiare c’è, la buona volontà anche, l’occasione e i mezzi pure, ma il difetto è nella fiducia che senti intorno. Quando ti senti dire: non cambierai mai; sei sempre il solito; lo sapevo che avresti detto così! Quanto tu stesso rivendichi a difesa magari di uno sbaglio: io sono così! Quando manca intorno a te qualcuno che creda in quella voglia, in quella buona volontà, in quella possibilità. Quando manca intorno a te qualcuno che anche senza dirtelo ti faccia capire che è arrivato il momento di dare inizio ad un cambiamento. Quel qualcuno per Zaccheo è stato Gesù, colui che come dice il Siracide: Vede e sa che la loro sorte è penosa, perciò abbonda nel perdono. Non ha dovuto dire nulla di particolare a Zaccheo.  Gli ha solo fatto apparire possibile quello che a tutti gli altri e forse a Zaccheo stesso pareva impossibile: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Nella canzone “Le tasche piene di sassi” si dice: Sbocciano i fiori sbocciano E danno tutto quel che hanno in libertà. Donano non si interessano di ricompense e tutto quello che verrà;  Mormora la gente mormora, falla tacere praticando l’allegria. Quel giorno, dirà Gesù, in casa di Zaccheo è entrata la salvezza; è sbocciato un fiore, ha cominciato a donare tutto quello che aveva in libertà. Nella sua casa è entrata l’allegria che è la piacevole conseguenza e il piacevole effetto che sperimenta chi si scopre inaspettatamente perdonato.

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